massimo greco

 

 

 

 

 Kore e lo sviluppo locale 

Su come Kore possa aiutare il territorio a riprendere il cammino dello sviluppo si è parlato ancora poco, anche se un interessante convegno promosso dal LIONS ennese ha fatto da apripista. Le variabili da considerare sono tante, ma proviamo a farle interagire tra loro in modo funzionale partendo dal contesto di riferimento. Il territorio ennese è da diversi anni vittima della competizione geografica con le altre province e i dati lo dimostrano nettamente: calo demografico, chiusura costante delle aziende produttive e fallimento degli strumenti della programmazione negoziata (patti territoriali, p.r.u.s.s.t., ecc..), disoccupazione allarmante, emigrazione dei giovani diplomati e laureati, perdita di posizionamenti importanti in determinati servizi di pubblica utilità come TELECOM, ENEL, Ferrovie dello Stato ecc… In sintesi il territorio ennese sta perdendo la sfida che la globalizzazione impone da almeno un decennio. Tuttavia la creazione del polo universitario rappresenta l’unico elemento di vera novità in controtendenza. Da qui nasce la doversosa riflessione: può questo elemento di novità rappresentare “l’asso nella manica” per il territorio ennese? Potrebbe, ma non è facile prevederlo né semplice dedurlo, anche perché le finalità statutarie di una Università non sono quelle di promuovere lo sviluppo economico di un territorio, ma quelle di promuovere i tre aspetti del sapere: cultura, informazione e conoscenza. Bisogna altresì evidenziare che questi tre aspetti del sapere sono per antonomasia alergici ai campanili, anzi trovano la loro essenza in ambienti senza confini né geografici né, tanto meno, mentali. Quindi è difficile pensare ad una Università di nicchia che miri allo sviluppo del territorio in cui è allocata, così come è difficile pensare a dei corsi di laurea attinenti alle sole vocazioni socio-economiche locali. Se ha un senso tale assunto allora ha pure senso cominciare a parlare di effetti collaterali della presenza universitaria, di effetti indotti, di effetti che si devono saper captare e capitalizzare non attingendo a formule previste nei manuali, perché parliamo di scenari del tutto nuovi in cui la sfida si riapre all’insegna dell’innovazione. Ma è una sfida, probabilmente, ancora più difficile per la classe dirigente ennese, che dovrà avere la capacità di interagire con il mondo universitario in termini utilitaristici. Cioè, l’Università dovrà continuare a fare il suo corso, a seguire i suoi orizzonti, a coltivare il terreno della ricerca ed a perseguire il metodo dell’innovazione senza farsi imbrigliare e/o condizionare troppo dai bisogni del territorio, ma la classe dirigente dovrà, contestualmente, “approfittare” di questa presenza per tessere nuovi modelli d’interazione con il sapere. Quindi rapporti costanti con i centri di ricerca, con i Dipartimenti, con i singoli docenti, con gli studenti, il tutto con il fine di capitalizzare ogni forma di rete immateriale per lo sviluppo locale del territorio. E’ vero quello che è stato già detto, che l’Università è a Enna ma non è degli ennesi, così’ come è vero che la Villa Romana del Casale è a Piazza Armerina ma non è dei piazzesi, così come il Colosseso è a Roma ma non è dei romani. Ciò significa che sta, ancora una volta, agli attori locali dello sviluppo saper interpretare il ruolo globale di un bene, materiale o immateriale che sia, per utilizzarlo indirettamente, in una risorsa per il territorio. Allora sì che l’Università potrebbe diventare uno dei motori di sviluppo locale fuori dagli schemi tradizionali.

Il Consigliere Provinciale

 

Enna 7 /3/2006

 Massimo Greco
 

 

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