La pacifica rivoluzione sociale

 

Una recente ricerca condotta dall’Abacus ha certificato che sono ben sette milioni e mezzo gli italiani che, a vario titolo, svolgono attività non lucrativa. Sono numeri davvero imponenti, che confermano come il no-profit sia oggi una realtà fondamentale per la tenuta del nostro consorzio civile.  All’aspetto puramente morale e civico del no-profit si aggiunge quello socio-economico legato alle occasioni di lavoro che questo comparto oggi offre.

L’economista americano Jeremy Rifkin dice: “Sono quattro le porte tradizionali alle quali si bussa per cercare lavoro: il mercato, lo Stato, il terzo settore e la criminalità organizzata. Il mercato però offrirà sempre meno opportunità a causa del progresso tecnologico. Lo Stato, ovunque nel mondo, non è più in grado di assumere. E l’unica alternativa alla criminalità resta il terzo settore: tutte quelle attività, cioè, che producono capitale sociale.  Per questo dobbiamo ribaltare i valori attuali: lavorare nel terzo settore deve essere considerato più prestigioso che lavorare nel sociale”.

Il no-profit oggi è qualcosa di adulto, di perfettamente consapevole, che si offre come progetto comune di civiltà, non come alternativa polemica ed antitetica del mercato e del benessere, ma anzi, quale loro completamento necessario per dare ossigeno etico alla nostra comunità. Ma per funzionare deve avere mezzi e risorse ed ad oggi, Governo e Parlamento non hanno riservato sufficiente attenzione al settore. Soprattutto, non è stato ancora compiuto il salto fondamentale: l’incoraggiamento delle attività commerciali degli enti. Dahrendorf, a Milano per il convegno sul no-profit organizzato dal Summit della solidarietà e dall’Università Cattaneo di Castellana, ha insistito sulla necessità di alleggerire il fardello amministrativo che grava sulle Onlus. Ma ha anche ricordato che il successo inglese deriva da molti anni di storia: 400, per l’esattezza. “Nel Regno Unito il sistema della Charity funziona perché più antico dello Stato – ha sottolineato -. Ma anche perché le donazioni agli enti no-profit sono fortemente incentivate”.

In Italia qualcosa si muove e la recente istituzione dell’Authority quale organo promotore di controllo indipendente ne è la prova, ma tanta strada rimane ancora da fare: c’è da investire sull’attività di formazione ed informazione; c’è una rivoluzione economico-culturale da fare che è forse il passo più difficile. La centralità del soddisfacimento del “bene sociale” al posto del soddisfacimento del “bene materiale”. La rivalutazione, quindi, della “società dell’essere” al posto della “società dell’avere”.

Il nuovo governo dovrà assumersi questo inderogabile compito: essere braccio della pacifica rivoluzione sociale della solidarietà.

 

22.08.2001                                                                              Il Vice Presidente dell’U.R.P.S.

Dott. Massimo Greco