massimo greco

 

 

 

 

Allarme sociale a Enna 

I noti fatti di cronaca che hanno scosso la provincia di Enna in questi ultimi giorni non possono passare inosservati, non tanto per l’aspetto giudiziario e per il lodevole operato delle forze di polizia, ma per le riflessioni sociologiche che tale evento suscita. L’indagine ha avuto il merito di “scoperchiare” una pentola sommersa e di evidenziare il lato più triste della nostra comunità locale. A dire il vero proprio nei giorni scorsi il Ministro Giuliano Amato parlava di “uso spaventoso” di cocaina in tutta Italia, per cui le analisi non dovrebbero concentrarsi solo sulla nostra realtà, tuttavia la letteratura ci indica come uno stesso fenomeno deviante possa presentarsi in modo diverso in funzione del contesto sociale di riferimento. Come ha giustamente evidenziato uno Psichiatra specialista del settore, l’uso diffuso di droghe non può essere generalizzato se si vuole studiare con attenzione il fenomeno. Infatti assumere cocaina ha un significato totalmente diverso dall’assumere, ad esempio eroina, ciò in considerazione del fatto che l’eroina è una droga che mira a reprimere (falsandole) le ansie, le angosce ed il disagio psicologico che vive l’individuo; mentre la cocaina è una droga che stimola le prestazioni fisiche e psichiche dell’individuo esaltandone le peculiarità caratteriali. Quest’ultima è una droga che viene utilizzata da alcuni per scopi puramente ricreativi, alla pari di un bicchierino di grappa dopo una serata consumata all’insegna della spensieratezza, da altri viene invece utilizzata come sostegno alle frenetiche attività professionali, politiche, sportive a cui si è sottoposti quotidianamente. Come tutte le droghe, pesanti e leggere, anche l’uso di cocaina crea dipendenza e genera processi viziosi e devianti sia nell’ambito delle persona consumatrice che nel sistema sociale di riferimento. Quindi, visto che si parla di uso diffuso di cocaina e non di eroina, le riflessioni non possono che essere diverse e mirate a comprendere cosa non funziona nella nostra società, tale da indurre una moltitudine di individui e/o di gruppi di individui a colmare tali vuoti attraverso l’uso di sostanze stupefacenti. Un’immediata e spontanea risposta, che ovviamente non ha la presunzione di rappresentare una tesi scientificamente dimostrabile, ma solamente un contributo di partenza per uno studio più articolato che le Istituzioni, se lo vorranno, potranno anche fare, possiamo azzardarla. La società in cui viviamo è una società consumistica che mira quotidianamente a perseguire orizzonti di profitto non solo economico. Ciò comporta l’interiorizzazione di modelli e stili di vita frenetici che, sempre più mirano, inconsapevolmente, a scardinare quei valori a cui ci richiama quasi ogni giorno il Pontefice: rispetto della vita propria ed altrui, senso della famiglia, solidarietà e tolleranza. Un individuo che perde tali valori di riferimento si sente disorientato ed attratto solo da quei modelli di vita “robotizzati”, effimeri, lussuriosi, freddi e capitalistici che l’odierna società dell’immagine impone. E’ un individuo che cerca di reagire, di ritrovare la bussola, ma spesso non ci riesce e scivola nella tentazione di utilizzare la “scorciatoia” per “stare al gioco della vita”. C’è tanto lavoro da fare in una società malata come la nostra, interessata per lo più a conoscere, modello Grande Fratello, i nominativi dei consumatori piuttosto che interrogarsi sulla gravità sociale del fenomeno. Un forte richiamo alle tradizionali agenzie formative dell’essere umano (famiglia, scuola, gruppi sociali organizzati) è doveroso se si vuole veramente ritarare la bussola ed evitare la deriva sociale.          

                                                                                                                                                                        

                                                                                                                                                             Massimo Greco

 

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