massimo greco

 

 

 

 

La Corte Costituzionale difende gli Enti Locali 

La legislazione statale ha sempre avuto difficoltà nel tramutare in fatti gli auspici federalisti degli ultimi governi, ma dopo la riforma del titolo V° gli abusi dello Stato non possono più passare inosservati. E, a difendere gli Enti locali ci ha pensato la Corte Costituzionale che ha delineato chiaramente i limiti oltre i quali lo Stato non può legiferare. E’ il caso della finanza pubblica locale. Preliminarmente va evidenziato come la Corte abbia ritenuto sussistente in via generale la legittimazione in capo alle Regioni a denunciare la legge statale per la violazione di competenze degli enti locali, poiché la lesione di tali competenze è potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regionali. Alcuni Regioni hanno infatti impugnato parti delle ultime Finanziarie statali per presunte violazioni di principi costituzionali, con particolare riferimento alle norme che dettagliavano la spese degli Enti Locali. Con più sentenze, n. 376/2003, n. 36/2004, n. 376/2004, n. 390/2004 e la più recente n. 417 del 9/11/2005 la Corte Costituzionale ha affermato il principio secondo cui “le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., e ledono pertanto l’autonomia finanziaria di spesa garantita dall’art.119 Cost.”. Secondo la Corte il legislatore statale può legittimamente imporre agli enti locali vincoli alle politiche di bilancio, “ma solo, con disciplina di principio, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari”. Pertanto lo Stato può stabilire solo “il limite complessivo” lasciando agli enti locali stessi un’ampia autonomia nell’allocare le risorse fra i diversi ambiti ed obiettivi di spesa. Con queste pronunce la Corte ha definitivamente risolto i conflitti istituzionali che sono seguiti alla riforma del Titolo V° della Costituzione, configurando l’azione legislativa dello Stato degli ultimi anni come “una indebita invasione, da parte della legge statale, dell’area riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale può prescrivere criteri ed obiettivi (ad esempio il contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi”.

Quindi battaglia vinta dagli Enti Locali che non dovranno più tenere conto dei limiti dettagliati imposti dalle finanziarie statali per il reclutamento del personale o per l’affidamento d’incarichi di studio, ricerca e consulenza. Ma attenti a non fare di un ritrovato riconoscimento dell’autonomia di spesa l’ennesimo strumento per fare un uso improprio delle risorse pubbliche a danno delle comunità locali. Del resto, nel caso di incarichi e consulenze esterne, la Corte dei Conti (Sez. Puglia, sent. 10 gennaio 2003, n. 18; v. anche Sez. Toscana n. 436 del 2002) ha più volte ribadito che “la P.A. deve costantemente uniformare i propri comportamenti a criteri di legalità, economicità, efficienza ed imparzialità, dei quali è corollario, per jus receptum, il principio per cui essa, per l'assolvimento dei compiti istituzionali, deve prioritariamente avvalersi delle proprie strutture organizzative e del personale ad esso preposto, residuando la possibilità di ricorrere a consulenti esterni solo per eventi straordinari, non sopperibili con la struttura burocratica dell’ente”.                                                   

Enna, 8/12/2005

   Il Consigliere Provinciale

  Dott. Massimo Greco
 

 

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