massimo greco

 

 

 

 

Nelle more che le società d’ambito che gestiscono il servizio d’igiene ambientale vengano poste in liquidazione in forza dell’inattuato art. 45 della L.r. n. 2/2007 e nel contesto di un probabile ripensamento del legislatore siciliano, proviamo a riflettere sullo status giuridico di questi enti.

“Nella rinnovata prospettiva comunitaria in materia di gestione dei servizi pubblici facenti capo agli enti locali, la nuova normativa predilige - in luogo delle gestione diretta del servizio - una gestione ottimale per ambiti territoriali omogenei per il tramite di società d’ambito: la cui istituzione, coinvolgendo direttamente gli Enti Locali interessati, non può ritenersi lesiva della rispettiva sfera di autonomia. In conformità ai principi comunitari di adeguatezza ed efficienza dell’organizzazione del servizio di che trattasi (unitamente alla nuova rilevanza del principio della concorrenza nel settore della erogazione dei servizi pubblici) la nuova normativa si propone il superamento del modello della gestione frammentaria per singoli ambiti comunali, prevedendo forme anche obbligatorie di cooperazione tra gli enti locali (Tar Palermo, sez. I°, sent. 10/05/2006, n. 1061). L’attribuzione della titolarità delle risorse per la gestione dei rifiuti è avvenuta in applicazione di quanto stabilito dal Commissario delegato per l’Emergenza rifiuti nella Regione Sicilia che, in merito, ha previsto come obbligatoria la gestione dei rifiuti in Ambito Territoriale Ottimale (A.T.O.) a mente dell’art. 233 del Dlgs n. 22/97, secondo le modalità ivi pure stabilite (Ordinanza n. 488 dell’11/06/2002 e n. 1069 del 28/11/2002). La responsabilità della gestione, quindi, con gli atti in esame, è stata affidata alla società d’ambito, che è organismo avente propria personalità giuridica, costituito per effetto obbligatorio di norme di legge e provvedimenti commissariali adottati in regime di emergenza di protezione civile, tra Enti pubblici locali territoriali ed è deputato alla cura di predominanti interessi pubblici. Le richiamate disposizioni realizzano un vero e proprio trasferimento di funzioni con relativo mutamento nella titolarità del potere, che dal Comune “trasla”, in via amministrativa, in capo all’Ente pubblico appositamente costituito.

A riprova di ciò si consideri che il Comune non ha la possibilità giuridica di “riacquisire” il servizio, sottraendosi alla società d’ambito e gestendo in proprio. Con riguardo, infatti all’art. 120 della Costituzione, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che “il principio di leale collaborazione tra gli enti è stato enucleato dalla Corte costituzionale con riferimento allo svolgimento dei diversi rapporti di rango costituzionale tra Stato e regioni, purtuttavia la relativa applicazione non può condurre a situazioni di stallo decisionale che possano compromettere gli interessi pubblici oggetto delle decisioni da assumere, ed il rispetto di detto principio non può legittimare comportamenti che tendono a paralizzare la costituzione degli A.t.o. (….) (TAR Catania, sez. I°, sent. n. 1974/2003). “Il Comune, quindi, non ha più funzioni impositive, non ha poteri di regolamentazione autonoma dello stesso, disponendo per il proprio territorio una eventuale organizzazione difforme da quella dell’ambito; tutte le funzioni residuali che gli permangono per effetto dell’art. 23 del Dlgs. n. 22/97, il Comune li esercita obbligatoriamente <<nella>> società d’ambito, come socio nell’Assemblea. La società d’ambito, quindi, è una modalità di gestione di un servizio attribuito in forma associativa e collettiva in capo a tutti gli Enti dell’ambito ottimale, con modalità avente natura e carattere obbligatorio, per via dell’avvenuto commissariamento emergenziale della Regione e degli Enti locali regionali in materia di rifiuti. A riprova di tale argomentazione, si osserva che sono state infatti trasferite alla società d’ambito anche le risorse e le funzioni amministrative dell’Ente, nonché (soprattutto) la titolarità dei poteri coattivi di imposizione e riscossione della tariffa; ed infine si è previsto espressamente che alla data di attivazione del servizio da parte della società d’ambito, le funzioni comunali in ordine al servizio vengono a cessare. Tale società è costituita per legge e non in base ad un patto societario, opera come strumento per il perseguimento di specifiche finalità stabilite nell’ambito di politiche ministeriali ed inoltre ad essa sono affidati obbligatoriamente determinati compiti previsti dalla legge. Trattasi, pertanto, di società che ha formalmente natura giuridica privata ed autonomia privata, ma che svolge attività pubblica non dissimile da quella che svolgevano i Comuni quali enti pubblici. “In effetti, si è andato consolidando in questi ultimi anni nella giurisprudenza nazionale - in linea con il concetto di impresa pubblica elaborato a livello comunitario, il cui elemento caratterizzante è l’influenza dominante dei pubblici poteri, prescindendo dalla natura formale -, l’orientamento della prevalenza degli aspetti pubblicistici sostanziali sulla forma privatistica ai fini della qualificazione di un soggetto. Si è quindi affermato che una s.p.a. a totale capitale pubblico è privata esclusivamente per la forma giuridica assunta, ma sul piano sostanziale essa, visto che continua ad essere sotto l’influenza pubblica, è assimilabile ad un ente pubblico. Anche la dottrina ha osservato che le società a capitale pubblico, derivanti dalle privatizzazioni dei precedenti enti pubblici, presentano caratteristiche di specialità rispetto al modello tradizionale di società commerciali” (Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana, Parere n. 353/2005). Tra Comune ed ATO si deve quindi considerare il rapporto come una vera e propria successione tra Enti, sia pure permanendo in capo all’originario titolare della funzione una ridotta potestà (avente soprattutto natura partecipativa all’esercizio del potere da parte del nuovo titolare” (TAR Catania, sez. I°, sent. n. 1993/2006). L’A.T.O., quindi, pur costituendo una formula organizzatoria ad hoc dei servizi d’igiene ambientale, esprime compiti istituzionalmente di competenza degli enti locali, al cui sistema dunque – in assenza di contrarie previsioni – va ricondotto (Cons. di Stato, sez. VI°, sent. n. 2948/2006). Una siffatta configurazione giuridica comporta, di conseguenza, nel caso di accertata impossibilità di funzionamento gestionale dell’Ente, l’assoggettamento al IV° comma dell’art. 19 del R.D. n. 383/34, che prevede l’invio di appositi commissari presso l’Amministrazione degli enti locali territoriali a cura del Prefetto competente per territorio. L’art. 19 del R.D. n. 383 del 1934 è infatti da ritenere tuttora vigente e compatibile con il nuovo assetto determinato dalla riforma del Titolo V della Costituzione (C.d.s. sez. VI, sent. 9/10/2007 n. 5309).

                                                                                                                                                                                                                                                                                          

                                                                                                                                                           

Enna 27/9/2007

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