La destra siciliana ha perso la bussola
Tutti i partiti politici contemporanei sono affetti da
croniche crisi di rappresentatività ma, poiché il potere
piace a tutti, è difficile che la cura possa essere trovata
all’interno delle stesse organizzazioni. Così assistiamo a
partiti con percentuali ridottissime di iscritti (o
tesserati) che hanno la legittimazione formale di
selezionare la classe politica (e anche la classe dirigente
attraverso lo spoyl-sistem). Anche questa è democrazia, del
resto se la società civile non gradisce la partecipazione
diretta alla vita dei partiti politici la colpa non è tutta
dei politicanti di mestiere. E fin qui, tutto sommato, ci
siamo. Il problema si complica quando il principio della
rappresentatività non vale più nemmeno all’interno degli
stessi partiti. E’ il caso della destra siciliana che in
questo anno di competizioni elettorali si è particolarmente
distinta in questo senso, anche con l’aiuto sostanziale del
suo leader nazionale Gianfranco Fini. Da un po’ di tempo
infatti non si comprendono le logiche che animano le scelte
del partito siciliano. Non si è compresa la logica del
posizionamento in lista dei vari dirigenti di partito in
occasione della competizione per il rinnovo di Camera e
Senato. Se se sono prevalse le correnti interne, se è
prevalsa la distribuzione geografica, se è prevalso il peso
politico del partito per ogni provincia o, più
semplicemente, se è prevalsa la simpatia personale. La
confusione aumenta in occasione della competizione regionale
in cui i prescelti divenuti Deputati e Senatori, non si
spendono più di tanto nel rafforzare le liste regionali
tanto da provocare, come nel caso di Siracusa e Catania,
paurosi declini elettorali. Non sarebbe stato più utile e
ragionevole che i prescelti nominati fiduciariamente
Senatori e Deputati avessero contribuito personalmente a
rafforzare le liste regionali? E invece niente di tutto
questo! Il Presidente nazionale Fini non interviene nella
fase (necessaria) della formulazione delle liste regionali
ma lo fa (molto stranamente) nella fase postuma, cioè in
quella in cui si dovevano scegliere le rappresentanze del
Governo Cuffaro. Ed è in questa occasione che la destra
siciliana raggiunge il massimo del disorientamento. “Testa
di stucco è un barba trucco”, nella prima decade del mese di
luglio viene espressa una triade di governo che lascia
attoniti e sgomenti tutti i militanti siciliani di alleanza
nazionale. Nella scelta viene sostanzialmente punito chi ha
dimostrato di essere rappresentativo nel proprio territorio,
come nel caso di Stancanelli e di Formica entrambi
riconfermati, e viene premiato chi è stato eletto per il
“rotto della cuffia” come Lo Porto, chi era già stato
nominato Deputato nazionale come Scalia e chi non aveva
partecipato né alle elezioni nazionali né alle elezioni
regionali come la Candurra. Come si può pensare di
affrontare la terza fase di Alleanza Nazionale, giustamente
lanciata da Fini in campo nazionale, quando il partito in
Sicilia ha totalmente smarrito la
bussola. |
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