massimo greco

 

 
 

 

La destra siciliana ha perso la bussola

 Tutti i partiti politici contemporanei sono affetti da croniche crisi di rappresentatività ma, poiché il potere piace a tutti, è difficile che la cura possa essere trovata all’interno delle stesse organizzazioni. Così assistiamo a partiti con percentuali ridottissime di iscritti (o tesserati) che hanno la legittimazione formale di selezionare la classe politica (e anche la classe dirigente attraverso lo spoyl-sistem). Anche questa è democrazia, del resto se la società civile non gradisce la partecipazione diretta alla vita dei partiti politici la colpa non è tutta dei politicanti di mestiere. E fin qui, tutto sommato, ci siamo. Il problema si complica quando il principio della rappresentatività non vale più nemmeno all’interno degli stessi partiti. E’ il caso della destra siciliana che in questo anno di competizioni elettorali si è particolarmente distinta in questo senso, anche con l’aiuto sostanziale del suo leader nazionale Gianfranco Fini. Da un po’ di tempo infatti non si comprendono le logiche che animano le scelte del partito siciliano. Non si è compresa la logica del posizionamento in lista dei vari dirigenti di partito in occasione della competizione per il rinnovo di Camera e Senato. Se se sono prevalse le correnti interne, se è prevalsa la distribuzione geografica, se è prevalso il peso politico del partito per ogni provincia o, più semplicemente, se è prevalsa la simpatia personale. La confusione aumenta in occasione della competizione regionale in cui i prescelti divenuti Deputati e Senatori, non si spendono più di tanto nel rafforzare le liste regionali tanto da provocare, come nel caso di Siracusa e Catania, paurosi declini elettorali. Non sarebbe stato più utile e ragionevole che i prescelti nominati fiduciariamente Senatori e Deputati avessero contribuito personalmente a rafforzare le liste regionali? E invece niente di tutto questo! Il Presidente nazionale Fini non interviene nella fase (necessaria) della formulazione delle liste regionali ma lo fa (molto stranamente) nella fase postuma, cioè in quella in cui si dovevano scegliere le rappresentanze del Governo Cuffaro. Ed è in questa occasione che la destra siciliana raggiunge il massimo del disorientamento. “Testa di stucco è un barba trucco”, nella prima decade del mese di luglio viene espressa una triade di governo che lascia attoniti e sgomenti tutti i militanti siciliani di alleanza nazionale. Nella scelta viene sostanzialmente punito chi ha dimostrato di essere rappresentativo nel proprio territorio, come nel caso di Stancanelli e di Formica entrambi riconfermati, e viene premiato chi è stato eletto per il “rotto della cuffia” come Lo Porto, chi era già stato nominato Deputato nazionale come Scalia e chi non aveva partecipato né alle elezioni nazionali né alle elezioni regionali come la Candurra. Come si può pensare di affrontare la terza fase di Alleanza Nazionale, giustamente lanciata da Fini in campo nazionale, quando il partito in Sicilia ha totalmente smarrito la bussola.                                                                                             

 
Enna  11/9/2006

 Massimo Greco