massimo greco

 

 

 

 

 Il dibattito sulle Province continua 

La costituzionalizzazione delle Province ha messo la parola fine sul dibattito istituzionale che vedeva una parte della dottrina mettere in discussione l’esistenza di tali Enti. Tuttavia la riflessione non deve cessare e deve trovare ospitalità permanente nell’ambito delle politiche pubbliche locali che quotidianamente animano le scelte di governo del territorio. Vediamo quindi di comprendere cosa intende il legislatore per Provincia. Secondo la L.r. n. 9/86, la Provincia regionale è un libero consorzio di comuni espressione della comunità operante in un territorio di dimensioni sovraccomunali, storicamente integrate o suscettibili di integrazione intorno ad un unico polo di direzione, che consentano l’organizzazione delle strutture e dei servizi connessi allo sviluppo delle relative aree, nonché l’elaborazione e l’attuazione di una comune programmazione economica e sociale. Per raggiungere questi obiettivi il legislatore ha affidato alla Provincia una serie di funzioni in materia ambientale, di pianificazione territoriale, di sviluppo socio-economico e più in generale nell’ambito dei servizi di area vasta. Potrebbe essere tanto come potrebbero essere soltanto parole. E qui sorge la prima grande differenza tra la Provincia formata da una libera aggregazione di Comuni piccoli come quella di Enna o di Caltanissetta e la Provincia formata da una libera aggregazione di Comuni tra i quali figura quello metropolitano di Palermo o di Catania. Analizzando le politiche pubbliche promosse dalle due tipologie di Provincia nell’arco di un decennio ci si rende immediatamente conto di come la mission prevista dal legislatore venga rispettata pienamente solo dalle Province di Enna e di Caltanissetta e non anche dalle Province di Palermo e Catania. Infatti nelle piccole Province sono numerose le iniziative che rispondono alla funzione di coordinamento, d’integrazione e di sviluppo di aree vaste, sia sotto l’aspetto socio-economico che sotto l’aspetto della pianificazione ambientale e territoriale. Mentre nelle Province metropolitane sono rare le iniziative promosse dall’Ente ed in grado di servire in modo uniforme l’intero territorio provinciale comprendente anche l’area comunale metropolitana. Basta analizzare gli strumenti della programmazione negoziata messi in campo in questi anni per rendersi conto che tale differenza è una regola. Nell’area palermitana ed in quella catanese non esistono patti territoriali, Prusst e consorzi in grado di individuare un’unica linea strategica d’intervento. Lo stesso fenomeno di frammentarietà si registra anche nell’ambito delle iniziative prettamente private del settore produttivo. Tuttavia, se per il comparto privato tale dato non fa impressione, nel contesto delle politiche pubbliche dovrebbe indurre a riflettere ed a porsi almeno qualche interrogativo. Siamo in presenza di territori disomogenei fino al punto di non riuscire più a leggere i tratti distintivi della stessa comunità o la Provincia, così come configurata, non sembra essere quell’Istituzione Pubblica in grado di rappresentare gli interessi generali della stessa comunità?  E se questi interrogativi hanno un senso, è del tutto infondata la ciclica richiesta di alcuni territori siciliani di creare nuove formule istituzionali di aggregazione (la Provincia del Golfo, quella del Calatino ecc…)? Non è semplice rispondere a questi interrogativi ma la rigidità dei vigenti modelli istituzionali rispetto alle trasformazioni, cui sono sottoposti i territori in tempi di globalizzazione, comincia a farsi sentire sempre di più.                                                                                                                                 

Enna,  1/05/2006

 

   Massimo Greco
 

 

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