massimo greco

 

 

 

 

Enna mantiene il primato della disoccupazione

 

Oltre 2,3 milioni di posti di lavoro in più negli ultimi dieci anni, due terzi dei quali occupati da donne: tra il 1995 e il 2005 – secondo i dati Istat sulle forze di lavoro 2005 – si è avuto un vero e proprio boom di occupazione anche se l’incremento ha riguardato soprattutto il Nord del Paese con 1.246.000 posti di lavoro in più a fronte dei 390.000 registrati al Sud. E se l’Eden per chi cerca lavoro sembra trovarsi a Bologna con un tasso di disoccupazione medio nel 2005 pari al 2,7%, circa un terzo della media nazionale (7,7%) la provincia in cui rimane difficilissimo trovare un impiego rimane Enna, con un tasso di disoccupazione medio del 19,4%, oltre il doppio della media nazionale e con 3 punti in più rispetto alla media della Sicilia (16,2%). I dati parlano chiaro ed i noti prestigiatori hanno poco da inventarsi per mascherare questa triste realtà. Le politiche di sviluppo fin qui promosse non sono state efficaci, i finanziamenti pubblici messi a disposizione delle nostre comunità locali, ancora una volta, non sono stati idonei ad accendere i motori dello sviluppo, contrariamente a come è invece avvenuto in altre province come Trapani e Ragusa i cui livelli di disoccupazione non sembrano neanche siciliani. Il fatto che una provincia come Ragusa scende al 7% il proprio livello di disoccupazione, la dice lunga sullo stereotipo di una regione siciliana destinata al sottosviluppo. La sfida non è più solo tra regioni, ma anche tra territori della stessa regione. Da qui la necessità di prendere consapevolezza dei propri limiti fin qui appalesati in ordine ai temi dello sviluppo locale, di cambiare le strategie e le metodologie, di modificare le stesse idee-forza su cui si è inteso concepire lo sviluppo della nostra provincia: valorizzazione dei beni culturali in chiave turistica per la zona sud e promozione delle attività produttive artigianali per la zona nord. La permanente assenza di un tavolo di concertazione con tutti gli attori locali dello sviluppo, la pretesa di affrontare i temi dello sviluppo in contesti non istituzionali, l’asfissiante ritornello sullo sviluppo indotto dall’Università Kore, l’ansiosa incertezza sulla realizzazione del Parco tematico di Regalbuto, il narcisismo dimostrato da alcuni rappresentanti della cosa pubblica locale, l’annosa commistione politica tra forze di governo e forze di opposizione, l’assenza di dibattito culturale nel mondo delle professioni e l’apatìa di una debole e rassegnata società civile rappresentano solo alcune delle cause di siffatta e preoccupante situazione socio-economica.

                                                                                                                                                                                          Libero                                                                                              

                                                                                                                                                       

 

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