Il modello “Città Aperta” di Padre Ferlauto
La galassia del terzo settore impedisce di poter definire
con precisione di cosa parliamo. L’unica apparente certezza
è che trattasi di un contesto residuale in cui non opera
direttamente né lo Stato né il mercato, parafrasando slogan
sessantottini. Altra caratteristica è che le organizzazioni
che operano in tale contesto non producono profitti come le
imprese. L’organizzazione non-profit, quindi, è una
struttura para-imprenditoriale che offre servizi di utilità
sociale e non distribuisce i suoi utili fra i soci
para-imprenditori, ma li accantona o li reinveste per gli
scopi che si è prefissa nello statuto; è un’organizzazione
che ha natura giuridica privata caratterizzata dalla
presenza di prestazioni di lavoro volontarie (non retribuite
o retribuite al di sotto dei livelli di mercato). Il
dibattito sull’argomento è parecchio magmatico e gli
studiosi mirano a cercare modelli spontanei di società in
cui sorgono esperienze da imitare, ciò anche al fine di
rispondere alla crescente domanda di “far quadrare il
cerchio”, riducendo la spesa pubblica sociale ma mantenendo
i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale. Un aspetto rilevante da evidenziare è che
nonostante il continuo aumento della spesa corrente, lo
Stato ha ridotto negli ultimi anni l’erogazione di servizi
reali, in assoluto e soprattutto in relazione a una domanda
crescente come la sanità. In tale contesto, la reazione del
Paese, non si è fatta attendere, con l’iniziativa privata
non guidata dal profitto ma dalla solidarietà, che rivela un
bisogno latente di coesione sociale. L’idea del 5 per mille
proposto dalla precedente Finanziaria dà un principio di
risposta a tale domanda. Al centro della Sicilia esiste il
modello “Città Aperta” promosso e fortemente alimentato dal
suo fondatore Padre Luigi Ferlauto, che proprio l’anno
scorso ha celebrato i 60 anni di Sacerdozio ed i 50 anni
dalla nascita dell’Opera Oasi Maria SS. Di Troina. Trattasi
di un vero distretto del non-profit, in cui il privato
sociale tende le mani all’esterno, si avvicina al territorio
dando risorse e costruendo progetti; allo stesso tempo si
apre a soggetti nuovi, partner quali università,
associazioni di volontariato, istituzioni locali, entrando
in contatto con la società civile. Padre Ferlauto,
consapevole del capitale sociale ed umano di cui è dotata
una simile struttura, ha pensato bene di contaminare la
Sicilia attraverso la benefica diffusione di “satelliti”
dell’Oasi, in ogni provincia. Un opera da condividere e da
sostenere senza alcun tentennamento, se non altro perché il
modello è sperimentato, vincente e l’unico che possa far
“quadrare il cerchio”.
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