massimo greco

 

Un piccolo Stato per un grande Presidente

 

 Dopo qualche anno Il Presidente della Repubblica è ritornato a Enna, ma questa volta la tempartura del calore umano manifestato dagli ennesi è salita parecchio. Certamente Ciampi non è Scalfaro, ma anche la presenza simpaticamente invasiva della Signora Franca ha rappresentato un diversivo a cui gli italiani non erano abituati, figuriamoci gli ennesi. Lo Stato si assottiglia sempre più, ma la figura del suo Presidente sembra non essere scalfita, come se le riforme costituzionali e le radicali trasformazioni in corso delle Istituzioni non riguardassero il Capo dello Stato. Forse è quello che vogliamo credere di fronte ad uno Stato che subisce “il doppio strappo”: uno verso l’alto a favore della nuova Unione Europea recentemente sancita attraverso l’approvazione della Costituzione Europea e l’altro, verso il basso a favore di Regioni ed Enti Locali sulla scia di un Federalismo i cui tratti somatici non sono ancora chiari. Ad un secolo e mezzo dall’unificazione d’Italia, che non è costata certo poco in termini di sacrifici umani e di guerre, Lo Stato-Nazione cede consapevolmente quote di sovranità ad Organismi sovranazionali delegando loro la difesa di alcuni principi che evidentemente da solo non è più in condizione di assicurare: primo fra tutti la stessa sicurezza nazionale e la pacifica convivenza dei popoli. A questo si aggiunge il fattore, tanto asfissiante quanto necessario, del benessere socio-economico in un contesto sempre più globalizzato in cui le frontiere non rappresentano più “le saracinesche” del vecchio mercato economico, spesso coincidenti con i confini nazionali.

D’altro canto lo Stato scopre di non essere più in grado di soddisfare al meglio i propri cittadini ed, inventandosi il principio di sussidiarietà, trasferisce in capo ai territori la responsabilità di autogovernarsi e di gestire in proprio tutti quei servizi che interessano più da vicino le comunità.

Giusto o sbagliato che sia così stanno le cose e lo scioglimento progressivo dello Stato è sotto gli occhi di tutti. Allora perché il Capo di uno Stato che non è più quello Repubblicano ereditato dall’unificazione d’Italia continua a riscuotere tanto successo? Le spiegazioni possono essere diverse e non solo politiche, e vanno certamente contestualizzate. Non vi è dubbio che la presenza dello Stato a Milano o a Roma sortisce effetti diversi della stessa a Enna o a Caltanissetta. Il Capo dello Stato nel mezzogiorno viene ancora visto come un’ancora di salvataggio perché è il garante dell’interesse nazionale, di quell’interesse che dovrebbe alimentare il senso patriottico e comunitario degli italiani. Anche di quegli italiani il cui tenore di vita rimane basso, di quegli italiani che trovano lavoro a 40 anni, di quegli italiani che hanno ripreso ad emigrare, di quegli italiani che pagano le stesse tasse per avere servizi sanitari non eccellenti, di quegli italiani che non possono godere dei benefici dell’alta velocità e di una infrastrutturazione adeguata. Insomma di quegli italiani di serie B. E la reazione sociologica è proprio quella di manifestare attenzione e calore umano al Capo dello Stato che si trova a transitare nelle trazzere dell’entro terra siciliano per parlare di formazione e cultura all’interno dell’unica realtà che riesce ad incoraggiarci e che potrebbe consentire il recupero della fiducia dei giovani: l’Università Kore.

Speriamo che l’Università Kore rappresenti l’inizio di un percorso virtuoso e contaminante finalizzato a creare capitale sociale da reinvestire a servizio del territorio, sperando per il futuro, di incontrare il Presidente della Repubblica in qualsiasi altra parte del territorio ennese, senza avere timore di fare “brutta figura”.                                                                                                                                                                   

18/11/2004  Massimo Greco
 

 

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