massimo greco

 

Dall’anarchia alla governance nelle politiche di sviluppo

 

 

Pensando che, pur in presenza di un sistema di competenze stravolto dalla nuova legge costituzionale, le politiche di sviluppo in Sicilia continuassero ad essere gestite ed alimentate dal Governo Nazionale, la Regione Siciliana si è concentrata sugli interventi diretti al miglioramento dei servizi (acqua, trasporti, rifiuti, energia), alla funzionalità amministrativa (società dell’informazione, semplificazione delle procedure) ed al miglioramento delle condizioni di accesso al credito. Adesso che la Finanziaria Nazionale ha messo un freno sul delicato settore delle politiche per il Mezzogiorno, la Regione Siciliana dovrà rivedere il suo Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, partendo anch’essa dalla riflessione in corso sul tema.

Le modificazioni registrate delle politiche per il Mezzogiorno negli ultimi anni hanno testimoniato il declino dell’approccio pianificatorio top-down e la diffusione, negli anni ’90, di politiche di tipo botton-up basate sull’affermazione della soggettività dei luoghi e degli attori locali. Queste evoluzioni sono avvenute in un clima “caotico” in cui all’azzeramento dell’esperienza della Cassa per il Mezzogiorno e all’esaurimento della spinta centralista, che per cinquant’anni aveva ispirato l’intervento straordinario, non è seguita l’elaborazione di nuovi percorsi politici inquadrati in un sistema organico di strumenti. Nel corso degli anni novanta, infatti, nascono e si sovrappongono sperimentazioni e strumenti fra loro di natura profondamente diversa, talvolta antitetica, frutto di iniziative (non coordinate) di istituzioni diverse. In questi anni di protagonismo della voce del locale, nascono e si diffondono gli strumenti della programmazione negoziata (patti territoriali, contratti d’are e contratti di programma). Nel ’93, anno dell’interruzione dell’Intervento Straordinario, la formula della concertazione per lo sviluppo autopropulsivo trova ospitalità in quasi tutti i territori del Mezzogiorno e il buon successo di tali iniziative ha reso i territori consapevoli della concreta possibilità di essere protagonisti del proprio sviluppo. Ma l’iperbolica promozione del metodo della concertazione ha contribuito a sovvertire la logica dello sviluppo del Mezzogiorno che tendeva a conformarsi su quella dell’intervento straordinario ed ha provocato un overbooking artificioso e, talvolta, incontrollato di domanda di sviluppo. La debolezza di questa domanda è stata in gran parte riconosciuta nella scarsa capacità di interpretare le esigenze del territorio in modo obiettivo, nella incapacità di aprirsi all’esterno e di fare sistema. Da un lato si testimoniava l’attivazione di una rete di soggetti militanti e la nascita di un movimento di opinione a favore dello sviluppo locale, dall’altro si registrava l’assenza di regole (introdotte con ritardo e più volte cambiate in corsa), la debolezza tecnica delle procedure, la mancanza di un modello ispiratore, accompagnate spesso dalla limitatezza della capacità progettuale locale e della congruità delle idee. In sintesi, si assisteva alla supremazia dello spirito ideologico della missione sulla tecnica e sulla operatività. I vizi più evidenti sono, dunque, stati in questa fase:

  •      L’assenza di regole del gioco, introdotte con ritardo e cambiate anche durante il percorso;

  •       Il conseguente allungamento dei tempi e delle liste di attesa per le proposte di Patto;

  •       L’insabbiamento delle procedure, appesantite da innumerevoli controlli formali;

  •       L’assenza di un ruolo delle Regioni;

  •       La visione locale non accompagnata e trainata da una visione globale, nazionale ed europea.

  •      I progetti di sviluppo locale si sono spesso caratterizzati in sommatorie di businnes plan non legati da un criterio guida dello sviluppo del territorio, dalla idea forza centrale, verificata e supportata a livello globale;

E’ necessario dunque continuare ad adattare l’azione di governo alla multiformità delle problematiche in atto nei diversi e specifici contesti del Mezzogiorno. Il futuro successo delle politiche di sviluppo dipende anche dalla intensità del dialogo tra i vari livelli di governo coinvolti in tali processi. Il Governo centrale deve essere sempre più in grado di adattare e rimodulare la propria azione alle esigenze dei territori, espresse o latenti. La risposta all’apparente dilemma tra localismo e centralismo delle politiche di sviluppo sta nella definizione di nuove forme di governance che consentano di coalizzare i diversi livelli di governo. Un’azione di governo a “geometria variabile”, in grado cioè, di adattarsi ed assumere la configurazione migliore in base a competenze, ruoli e responsabilità che i diversi livelli di governo saranno in grado di assumere in relazione alle specifiche politiche di sviluppo.

Importante diventa in questo nuovo scenario il ruolo che le Agenzie di Sviluppo multilivello, quali Sviluppo Italia e Italia Lavoro, possono svolgere sia a livello centrale che a livello locale. Gli stretti legami con le amministrazioni centrali e i profondi radicamenti in tutti i territori del Mezzogiorno consentirebbero a queste Agenzie di ripristinare un “tessuto connettivo” operativo e funzionale per il rilancio e l’affermazione delle nuove coalizioni e dei nuovi strumenti multilivello.

                              

 

                                                                                                                                                  

 Il Vice Presidente dell'U.R.P.S.

Dott. Massimo Greco