massimo greco

 

 

 

 

Scalìa e la democrazia interna ad Alleanza nazionale

Quali protagonisti indefettibili della vita politica ed istituzionale del Paese, i partiti politici godono di una sfera di attribuzioni costituzionalmente riservata e protetta. Le funzioni da loro svolte, oltrechè pubbliche, sono anche costituzionalmente rilevanti, perché trovano fondamento nell’art. 49 Cost.. Esse non possono quindi essere lese dall’autonomia, cosiddetta interna, riconosciuta ai partiti senza con ciò ledere il ruolo fondamentale che la Costituzione assegna agli stessi. I partiti politici sono infatti il principale, se non unico, strumento attraverso cui si esprime il pluralismo politico dei cittadini, i quali, loro tramite, possono partecipare quotidianamente alla determinazione della politica nazionale. I partiti, quindi concorrono alla formazione e manifestazione della volontà popolare e sono strumento fondamentale per la partecipazione politica e democratica. Le funzioni attribuite ai partiti nel procedimento elettorale – deposito contrassegni delle candidature individuali e di lista, raccolta firme, selezione delle candidature, presentazione delle liste, campagna elettorale, applicazione della par condicio – costituiscono l’unico modo costituzionalmente possibile e legittimo perché nelle odierne democrazie rappresentative il popolo possa esercitare la propria sovranità, cioè per “raccordare”, come dice la Corte Costituzionale (Ordinanza n. 79/2006) democrazia e rappresentanza politica. Del resto, proprio in relazione a tali funzioni i partiti godono di finanziamento pubblico. Il ruolo fondamentale svolto dai partiti nel procedimento elettorale assume quindi natura non solo pubblica ma anche costituzionale perché costituisce la principale modalità di esercizio del ruolo attribuito ai partiti dall’art. 49 Cost. (“Non varcate quella soglia”, di Savatore Curreri, 18 aprile 2006 e “I partiti politici davanti alla Corte Costituzionale”, di Armando Mannino, 3 maggio 2006 in Forum di Quaderni Costituzionali).
Nell’attuale sistema politico, la selezione dei candidati (e futuri eletti) alle cariche politiche è affidata esclusivamente agli organi di partito, con notevole alterazione dei principi a fondamento del suffragio universale consacrati nell’art. 48 della Costituzione. La democrazia interna nei partiti, nei sistemi elettorali a prevalente contenuto maggioritario, è divenuta quindi indispensabile per ristabilire l’effettività della sovranità popolare. In assenza di un’organica disciplina legislativa del problema, attuativa dell’art. 49 Cost. il rimedio comunemente ritenuto esperibile, in caso di violazioni in materia, è quello ordinario dell’art. 700 c.p.c., mediante l’inibitoria, richiesta al giudice dagli interessati (candidati od esponenti del partito ingiustamente pretermessi, oppure semplici elettori), della presentazione delle liste o di candidati, in violazione delle norme statutarie, anche con richiesta di eventuale sospensione e rinvio della consultazione elettorale od esclusione della lista interessata. Inoltre, tenuto conto che i partiti ricevono prevalentemente finanziamenti statali, svolgono compiti pubblicistici e sono comunque già oggi per lo più tenuti, dalle rispettive norme (per ora solo) interne, a seguire procedimenti di tipo amministrativo, è ipotizzabile l’esperibilità della tutela cautelare dinanzi i Tribunali amministrativi regionali (“La democrazia interna dei partiti”, di Sergio Santoro, in Giustizia-amministrativa.it).

L’organizzazione interna dei partiti non può essere indifferente nelle relazioni giuridiche e la giustiziabilità di talune pretese si profila sullo sfondo dell’attività dei partiti. Non si tratta (tanto) di riproporre le vessate questioni circa il controllo pubblico (id est: amministrativo alla stregua della disciplina legislativa) sui partiti, ma di “leggere” le relazioni tra singolo e associazioni privilegiate valorizzando le logiche proprie del diritto comune dei rapporti interprivati, il quale non a caso si impernia sulla tutela delle posizioni soggettive e – di conseguenza – sui poteri del giudice (“L’ammissione del cittadino ai partiti: osservazioni a margine del caso Pannella”, di Donato Messineo, in liberalfondazione.it).

Orbene, il Segretario Reg.le On. Scalìa, allorquando decideva autonomamente di sottoscrivere le liste del PDL e di delegare esponenti non di Alleanza Nazionale per la presentazione congiunta della lista provinciale per Enna, ha violato il 2° comma dell’art. 39 dello Statuto di Alleanza Nazionale che in materia di scelte elettorali così recita: “Il Coordinamento regionale propone inoltre alla Direzione Nazionale i candidati per le elezioni regionali, nazionali ed europee”. Infatti solo il Coordinamento regionale aveva il potere di avanzare alla Direzione Nazionale una proposta di candidature per le elezioni regionali, ma quest’ultimo non è stato neppure convocato. Il Segretario Regionale Scalìa oltre a violare formalmente e palesemente lo Statuto ha sostanzialmente impedito il corretto e trasparente processo di selezione delle candidature, attraverso scelte autonome, incomprensibili ed in violazione all’interesse prevalente che avrebbe dovuto essere sempre quello del rispetto sostanziale ed effettivo del principio democratico, quindi, oportet ut scandala eveniant. Così facendo il Segretario regionale Scalìa ha leso anche il diritto dello Scrivente, riconosciuto e garantito dall’art. 51 della Costituzione, di poter accedere, quale cittadino della Repubblica Italiana iscritto nelle liste elettorali del Comune di Enna, alla carica pubblica parlamentare in condizioni d’eguaglianza. Infatti il semplice cittadino in possesso dei requisiti richiesti dallo statuto del partito vanterebbe un diritto perfetto all’ammissione alla candidatura, azionabile in giudizio (“L’ammissione del cittadino ai partiti”, Bardusco, Milano-Varese, 1967, 93 ss). Ciò sarebbe maggiormente da ritenere considerando che il partito politico è per tanti versi un’associazione “privilegiata” dai pubblici poteri, beneficiando tra l’altro del finanziamento pubblico: un’associazione, dunque, il cui “successo…discende in larga parte non dai meriti dell’associazione in sé, bensì dai poteri e dai diritti di cui essa gode, grazie a… provvedimenti della pubblica autorità” (“Problematica delle libertà costituzionali”, Pace, Padova 1992, 354 s. nt. 8 e 378 nt. 20).

 

Enna, 25/03/2008

Massimo Greco

   
 

 

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