massimo greco

 

La sfida di Kore

 

 

Il riconoscimento del 4° Ateneo siciliano non rappresenta il capolinea di un percorso, ma solo il bivio dal quale ripartire, a condizione di avere chiara la direzione di marcia. Inizia infatti la grande sfida, quella in cui ci “giochiamo tutto”. Se la perdiamo resteremo una piccola provincia dell’entroterra siciliano destinata alla progressiva erosione demografica, sociale ed economica. Se la vinciamo, allora avremo la possibilità di accedere a quella competizione fra sistemi territoriali che caratterizza inevitabilmente i nostri tempi. Ecco perché abbiamo parlato di creare dei satelliti attorno all’Università che, al di là, della denominazione, abbiano, come proposto dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane nel documento sulla governance approvato il 17 giugno scorso, ”compiti di comitato di riferimento e di consultazione per la definizione delle strategie e per un confronto sui metodi di gestione”. Ecco perché abbiamo parlato di una solida alleanza fra il sistema socio-econimico della provincia ed il sistema universitario, per fare dell’aumento dei saperi una priorità ed una decisa svolta verso la qualità e la meritocrazia.

Terminata la fase di transizione, iscriversi in uno dei corsi di laurea della Libera Università Kore costerà il doppio rispetto alla stessa iscrizione in una delle tre Università Statali siciliane e la metà rispetto ad una delle note Università private del resto d’Italia. Questo significa, che il sistema universitario Kore dovrà offrire al potenziale iscritto non una, ma diverse motivazioni per convincere lo stesso ad optare per l’ateneo ennese rispetto a quello Catanese distante solo 95 km. Cosa sarà in grado di offrire l’Università Kore per “catturare” lo studente universitario? Un piano di orientamento integrato tra Scuola, Università e Mercato del lavoro? Un livello di docenza accademico che sappia mettere da parte il vecchio individualismo per far posto ad un nuovo spirito di squadra come accade all’Università di Harvard dove non vengono reclutati solo i migliori docenti in assoluto, ma i più idonei a costruire, insieme agli altri, una squadra omogenea di alto livello? Un sistema in cui la ricerca stimoli il rapporto imprese-atenei attraverso il “trasferimento tecnologico”?

E probabilmente non basteranno neanche tali “accattivanti” opzioni a convincere l’interlocutore, che oggi, da utente-consumatore, è indotto a personalizzare sempre più la propria domanda, chiedendo anche servizi di contesto rispetto a quelli tradizionali erogati dall’Università. Ecco perché non basterà parlare di Università, ma di sistema universitario, in cui oltre alle su citate opzioni saranno determinanti i servizi offerti in termini di accoglienza dello studente, in termini di momenti culturali connessi, di spazi ricreativi, di socializzazione e, perché no, di sistemi qualitativi della vita superiori visto che l’esperienza universitaria durerà non meno di 5 anni. E per finire, non è altrettanto legittimo ipotizzare un sistema che consenta allo studente di sapere come e dove poter spendere la propria formazione universitaria?

 

   

 

                                                                                                                                                  

15/12/2004

 

Massimo Greco